Sono solito definire "aride" le persone che non sanno farsi trasportare dalla bellezza delle arti, dalla loro magia. Le persone incapaci, una volta salite su quel tappeto volante chiamato cinema, non sanno lasciarsi andare, preferendo rimanere seriosi e indifferenti davanti quello che vedono.
Quando però si scende dal tappeto, il viaggio è terminato, e bisogna tirare le somme. Oggettivamente, freddamente.
Per cui, la domanda è: Doctor Strange, film del 2016 basato sull'omonimo personaggio Marvel e diretto da Scott Derrickson, è davvero un bel film?
Stephen Strange è un abilissimo ma arrogante neurochirurgo di New York, le cui mani vengono seriamente danneggiate da un incidente automobilistico. Con la carriera rovinata, e incapace di curare le sue mani grazie alla medicina convenzionale, Strange scopre di un luogo, a Kathmandu, Nepal, dove vengono compiute guarigioni miracolose. Nel suo periodo lì, farà la conoscenza del potente Antico, Stregone Supremo della Terra, e delle minacce magiche che il nostro pianeta deve affrontare.
Ecco, questo è il risultato.
Scott Derrickson è un regista ormai navigato, in attività da ben 16 anni, con all'attivo cinque film, di cui ben quattro di genere horror, tra cui i celeberrimi The Exorcism of Emily Rose e Sinister. Il suo approccio è però profondamente diverso rispetto al passato, mostrando una certa duttilità. Lo stile Marvel permane, le battute spiritose si sprecano, ma non disturbano. Anzi, siamo ricchi di filosofia spicciola e spiegazioni metafisiche che tentano di elevare il livello della vicenda. In parte fallendo, perché Doctor Strange non è The Tree of Life di Terrence Malick. In parte dando un retrogusto più caratteristico ad un film alquanto sperimentale, per i Marvel Studios.
I combattimenti sono, come al solito, ben coreografati, seppure poco intensi e spesso somiglianti a videogame. Ciò che però più lascia senza fiato è la potenza visiva della pellicola: effetti speciali maestosi, caleidoscopici, meravigliosi giochi prospettici e paradossi come le Scale di Penrose. Derrickson passa da psichedeliche fantasie multiversali a mostrarci cosa avviene tra un secondo e l'altro. La fotografia di Ben Davis ben si confà a queste sfavillanti meraviglie.
Grazie all'introduzione del concetto del Multiverso, fondamento delle due major del fumetto americano, il Marvel Cinematic Universe apre a numerosissime possibilità per il futuro. Un numero virtualmente infinito di storie per il prosieguo di un universo che la Fase 4 sembra volenterosa di rinnovare.
Il Barone Mordo, interpretato da un buon Chiwetel Ejiofor, è il tipico personaggio il cui destino è scritto dall'inizio del film. Addetto a spiegare allo spettatore le parti più oscure del film, Mordo non riesce a spiccare, anche perché troppo spesso vicino ai ben più carismatici Dottor Strange e Antico. In effetti, è proprio quest'ultimo a spiccare, grazie non solo alla bravura di Tilda Swinton, ma anche ad una scrittura sagace ed attenta, che lo caratterizza come un personaggio irriverente ma saggio. Divertente, poi, Wong, il bibliotecario interpretato dal britannico Benedict Wong (mai casting fu più azzeccato).
Degna di essere dimenticata una volta usciti dal cinema è poi Christine Palmer, l'interesse amoroso di Strange interpretata da Rachel McAdams.
Kaecilius (Mads Mikkelsen) principale antagonista della vicenda, è quasi uno stereotipo, un rivoluzionario che tradisce l'Antico in favore del malvagio Dormammu perché vuole più potere. Storia vista e sentita in non meno di mille diverse opere. Mikkelsen non riesce ad eccellere, castrato da una scrittura così scontata e limitante, e per tanto Kaecilius non risulta che un espediente per portare avanti la trama.
In generale, nonostante la bellezza delle immagini, degne di un Christopher Nolan, Doctor Strange soffre di una cattiva gestione dei personaggi ed una trama semplice e per nulla imprevedibile. Oltre ad un finale di pessimo effetto, che lascia lo spettatore perplesso e con mancanza di soluzioni.
Giudizio: 7/10
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