ADAM BEACH - Lettera del noto attore sulle difficoltà dei nativi americani nel mondo di Hollywood


Miei cari lettori, come forse avrete constatato, quando si tratta di minoranze etniche, nell'industria di Hollywood si tende sempre ad assottigliare il problema, dando ai bianchi parti che etnicamente non combaciano con i profili originali dei personaggi (basti pensare ai notevoli casi di whitewashing, come il recente fatto riguardante l'uscita di scena di Ed Skrein dal nuovo film di Hellboy). E purtroppo anche i nativi americani continuano in qualche modo a soffrire dell'esclusione dall'universo hollywoodiano. Uno dei pochi casi di fama documentati è quello di Adam Beach (Windtalkers, Bury my Heart at Wounded Knee e Suicide Squad), il quale ha scritto una lettera, parlando delle difficoltà affrontate dalla sua etnia nel cinema statunitense.

Ecco la lettera, riportata per esteso da Deadline:
"A Hollywood, fra i miei amici, sono noto come "l'indiano". Ho sempre sognato di essere un attore a Hollywood, ma il mio sogno più grande era incontrare Alyssa Milano e il giorno in cui il mio sogno è divenuto realtà è avvenuto in questo modo: Alyssa frequentava un mio amico a Los Angeles, e quando lui l'ha presentata a me, disse 'Alyssa, questo è il tipo di cui ti stavo parlando... questo è l'indiano.' Loro non intendevano mancarmi di rispetto in alcun modo. I miei amici hanno sempre detto che loro non hanno mai incontrato un nativo americano prima, tantomeno ne hanno avuto uno come amico. Non mi sento offeso in alcun modo, perchè porto i miei insegnamenti e valori culturali come membro della nazione Anishinaabe. Noi come amici insegniamo agli altri le nostre esperienze per essere esseri umani migliori. Questo è lo scopo di questa lettera. Niente rabbia, solo verià e la mia esperienza vissuta. Per duecento anni, i popoli nativi sono stati costretti ad assimilare. Le pratiche spirituali furono bandite. Quelli che continuavano a praticare le cerimonie furono imprigionati, o addirittura uccisi. I bambini furono portati via dalle loro famiglie e piazzati in scuole interne. I loro capelli furono tosati, ebbero nomi Europei e dovettero indossare abiti occidentali. I bambini venivano picchiati perchè parlavano il loro linguaggio nativo e l'abuso era dilagante. I bambini non potevano vedere le loro famiglie e alcuni non sopravvissero alle botte o alle pessime condizioni di vita di quegli orribili posti. Questi tragici eventi continuavano ad accadere fino agli anni 70 del secolo scorso. Molte comunità native sono ancora afflitte dai problemi che derivano direttamente dal trauma storico causato dal furto delle terre e delle risorse tribali come anche l'assimilazione forzata. I nativi stanno combattendo da secoli per preservare la nostra terra e la nostra cultura e stiamo ancora lavorando per reclamare le nostre identità. La nostra identità è il nostro diritto di nascita. Non c'è più bisogno di scritturare attori non nativi per ruoli da nativi. Non siamo più negli anni 50. La pratica del whitewashing non è innecessaria, inaccettabile e discriminatoria. Promuove la cancellazione delle comunità di colore. I nativi vengono spesso scritturati in ruoli stereotipati o rimossi interamente dalla trama. Sonny Skyhawk, dei Sicangu Lakota, che ha formato la American Indians in Film and Television afferma 'Abbiamo un calibro di attori che andrebbe utilizzato". Ci sono molti talentuosi e capaci attori nativi che possono fare quei ruoli e solo veri nativi possono farlo. Il mio collega, l'acclamato regista Chris Eyre, dei Cheyenne ed Arapaho, afferma 'Come artisti nativi americani siamo andati troppo oltre per accettare l'arretramento culturale' e lui è anche consulente per la storia e la contemporanea appropriazione della cultura nativa sul sito TheNativeNetworkers. Essere nativo è più che dichiarare che la tua bis-bis-nonna fosse una principessa Cherokee o che le persone ti dicono che sembri nativo perchè hai gli zigomi alti. È più di un elenco puntato dell'ultimo minuto su un riassunto o di una pagina di Wikipedia che ti qualifica per un ruolo che altrimenti non potresti ricevere. Accidentalmente, reclamare il lignaggio nativo senza provarlo, ne fa una frode. Anche se sorvoliamo la registrazione tribale o le carte di status indiane che legalmente identificano qualcuno come nativo negli Stati Uniti e in Canada, ci sono altri segni di identità nativa, come i legami di parentela e di comunità. Uno è nativo per tutta la vita. Non è un costume che possiamo toglierci. Questi sono alcuni degli argomenti di cui io e mia moglie parliamo su cadenza quotidiana. Solo un nativo sa cosa significa essere nativo, perchè hanno l'esperienza della loro vita per provarlo, in tutte le sue sfumate complessità. Mia moglie Summer Tiger, membro della tribù Seminole della Florida e detiene un dottorato in psicologia clinica, afferma 'La perpetuazione del trauma storico che è stato portato generazione dopo generazione sta risultando in tassi sproporzionati di suicidi giovanili, alcolismo e abuso di droghe nelle riserve. Hollywood fa profitti nel raccontare le nostre storie, usandoci come fondali nelle loro storie del bianco salvatore, mandando il messaggio al nostro popolo che noi siamo usa e getta. Il minimo che Hollywood può fare è scritturare nativi che sono davvero connessi con la loro tribu'.



Quando fui scelto da John Woo come protagonista del film Windtalkers accanto a Nicolas Cage, il mio sogno di Hollywood divenne realtà. Ora ero con i pezzi grossi. Comunque, col rispetto che ho per i nostri popoli nativi, ho messo la mia integrità dinnanzi alla mia carriera e dissi al mio manager che lo studio doveva ottenere il permesso della nazione Navajo per me di essere scritturato nel ruolo del "code talker". Tutti pensarono che fossi matto a mettere la mia carriera a rischio, ma questo è quello che sono. La mia telefonata successiva era del mio manager che mi diceva che la nazione Navajo approvava, ma a una condizione: che lo studio doveva assumere un membro della nazione per il ruolo dell'altro "code talker" nel film. Roger Willie fu scritturato per interpretare il mio amico, mi ha insegnato così tanto sulla storia del popolo Navajo, che ancora oggi tengo nel mio cuore. 'Ci sono molte storie native che non sono state raccontate. Siamo molto più che storie di povertà, o vittime sfortunate che devono essere salvate da un salvatore bianco.' afferma Ruth Hopkins, delle tribù Dakota e Lakota, una procuratrice tribale, attivista e scrittice. Il pubblico viene fregato da false rappresentazioni dell'identità nativa e la possibilità di portare testimonianza della nostra verità. La mia amica Delanna Studi, cittadina documentata della nazione Cherokee e presidente del SAG-AFTRA National Native Americans Committee, afferma 'Ho molta familiarità con i ruoli che vengono scritti per il nostro popolo, specialmente le nostre donne. Tutte vengono spesso ritratte come principesse o vittime aggiunte all'altro che deumanizza le nostre donne native. In verità, molte delle nostre nazioni tribali sono matriarcali e le nostre donne hanno potere e statura. È denigrante vedere ruoli intesi per donne native date a persone che non lo sono, specialmente quando quel personaggio è vittima di violenza. Una donna nativa su tre sopravvive a una violenza sessuale e mentre la cosa non veniva pubblicizzata fino a tempi recenti, c'era un epidemia di donne native sparite ed assassinate nel continente. Solo poche settimane fa, una giovane donna nativa del North Dakota che era incinta di otto mesi sparì e i suoi resti furono in seguito rinvenuti in un fiume vicino. Il suo bambino le fu strappato dal grembo e preso dai suoi presunti assassini. La sua storia non è insolita. Proprio ora ci sono migliaia di donne native scomparse e altre il cui caso omicidio è rimasto irrisolto. Non selezionare una donna nativa per incorporare il coraggio di queste donne è una disgrazia. Questa particolare storia mi ricorda di mia madre Sally, che fu uccisa da un guidatore ubriaco di fronte a casa mia. Lei è morta in un fosso ed era incinta di otto mesi con una bambina piccola, morta anche lei. Io avevo otto anni. Queste emozioni che io porto informano le opinioni che io ho e le affermazioni che faccio per gli Indiani a Hollywood. Siamo stanchi degli altri che ci dicono chi essere. Sappiamo chi siamo e come appariamo come popolo nativo. Dopo tutto quello che abbiamo superato, essere in grado di rappresentarci non è troppo da chiedere."

Fonte: Deadline

Una lettera davvero sentita, che ci ricorda quanto siamo superficiali quando si tratta di popoli diversi da noi e dopo tutte le lotte fatte, mi fa inorridire che si debba ancora ricordare che siamo tutti uguali e degni di abitare la Terra e dunque di fare le cose che amiamo. Spero che con ciò le persone possano riflettere, ma resta solo una mera speranza.

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Articolo di Ada Bowman

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