Negli
ultimi anni abbiamo accompagnato Sarah Manning e le sue sorelle in un
viaggio tortuoso e imprevedibile. Ora, a distanza di qualche
settimana, ci stiamo chiedendo: cosa ci ha lasciato
questo show? Perché pur essendo una serie drammatica e
fantascientifica come mille altre è così indimenticabile?
La
risposta non è facile perché il lascito di Orphan
Black
non è certo quello di una serie di
puro
intrattenimento. Quello che ci ha dato nel corso di queste cinque
stagioni è una grande quantità di spunti di riflessione che vanno
dalla bioetica all'identità, dalla filosofia al femminismo. Quest'ultimo
è forse il fulcro della serie,
che si è sempre dimostrata portatrice di
grandi ideali di uguaglianza e che ha sempre sottolineato l'
importanza del ruolo della donna.
La
peculiarità di Orphan
Black
è
quella di aver
costruito una serie tutta al femminile, con donne forti, interessanti
e, soprattutto, vere. I personaggi sono credibili e
ben strutturati,
una cosa che non si vede di frequente negli show televisivi.
Per
lungo tempo, infatti, i soggetti femminili sono stati relegati a
ruoli secondari o ridotti ad un unico tratto dominante della
personalità che li identificasse in modo sempre uguale e
riconoscibile.
Orphan
Black
non potrebbe essere più lontana da tutto questo, rompendo gli schemi
e gli stereotipi e dando ai personaggi femminili storie interessanti
che valga davvero la pena raccontare e ascoltare.
Il
fatto di mettere in scena tanti personaggi femminili e di dargli
ruoli centrali permette allo show di rappresentare una moltitudine di
donne con tratti e personalità completamente differenti tra loro.
Ogni clone ha un'identità
ben
definita e, benché la genetica le abbia riunite, sono tutte donne
uniche e diversissime.
Sarah
per esempio è una donna forte,
combattente e stoica, capace di proteggere tutte le persone che le
stanno a cuore. Allo stesso tempo è un disastro, è fragile e
insicura, soprattutto nei suoi ruoli di madre e di figlia.
Cosima
invece è una scienziata geniale con un cuore enorme, costretta a
farsi forza per affrontare durante quasi tutte le stagioni una
malattia terribile che riesce a superare anche grazie alla bellissima
(e travagliata) storia d'amore
con Delphine.
Helena
si presenta come un mostro, una spietata serial killer traviata da un fanatico religioso che le ha imposto come unico
scopo nella vita quello di uccidere le sue sorelle. Quello che lui non sapeva è che proprio grazie a loro e al
legame che le unisce Helena sarebbe riuscita a riacquistare la sua umanità e a
mostrare tutte le sfumature del suo carattere (comprese quelle più
divertenti).
Alison invece dovrebbe essere la tipica casalinga americana ma il suo personaggio
non può ridursi solo a questo: è determinata e indipendente, è
esilarante e ha una bellissima relazione
con
un uomo più pazzo di lei.
E
poi c'è Rachel, che è da sempre il nemico eppure non lo è mai fino
in fondo, tanto da arrivare alla fine a redimersi e a mettere in
dubbio la sua intera esistenza.
Infine
non si può non citare la piccola Kira, l'angelo della famiglia che
tutti abbiamo adorato per la dolcezza e la bontà che ha sempre
dimostrato incondizionatamente verso tutti. Da Sarah ha preso la forza e la testardaggine, ma Sarah le ha dato anche i mezzi per superare ogni tipo di avversità. E'
cresciuta ed è diventata una ragazzina capace di decidere per sé. E
alla fine non è più solo la bambina di Sarah ma è la figlia di
tutti. Questo perché il filo conduttore della serie è la
sorellanza, la solidarietà tra queste donne che non competono tra di
loro ma sono legate profondamente.
L'unicità
dei personaggi, in particolar modo dei cloni, è il punto cruciale
del femminismo racchiuso in Orphan
Black.
E tutto viene enfatizzato dalle straordinarie capacità di Tatiana
Maslany
che riesce ad interpretare diversi cloni e soprattutto a dare ad
ognuno di loro delle personalità così strutturate, uniche e
imprevedibili da far dimenticare completamente che c'è lei
dietro ad ogni personaggio.
Un momento in particolare mostra
alla perfezione tutto quello di cui abbiamo parlato fino ad ora. Da
una parte c'è PT, il creatore di tutti i cloni, che rappresenta il
patriarcato e che non fa altro che giocare con le vite di queste
donne solo per raggiungere i suoi egoistici scopi. Dall'altra c'è
Felix che omaggia la sua “galassia di donne”, le donne
che lo hanno cresciuto, lo hanno formato e alla fine ispirato. E
anche se lui le osanna, in realtà ci vengono sempre mostrate come
personaggi autentici, con le insicurezze e le debolezze che anche le
donne più toste possono avere. Alla
fine le protagoniste di questo show dimostrano di valere molto più
di quanto PT avesse pianificato.
Ma
la serie si spinge oltre e si addentra in tematiche delicate come
l'identità di genere, la sessualità e i diritti LGBTQ. Ci
sono diversi personaggi omosessuali nella serie, anche tra le
protagoniste, e nessuno di loro è definito dal proprio orientamento
sessuale. Felix ad esempio è gay ma è anche un artista
straordinario, un figlio, un fratello e uno zio amorevole. Inoltre
uno dei cloni è transgender, questo ad evidenziare l'importanza
della cultura e della formazione rispetto alla natura, perché anche
persone che condividono lo stesso DNA possono avere identità di
genere diverse.
Lo
show è riuscito a creare dei personaggi ben costruiti anche sul
piano empatico che mostrano le proprie vulnerabilità e reagiscono
in modo credibile agli eventi della serie. Insomma, non sono mai
stereotipati e questo permette di percepire come la normalità tutte
quelle cose che spesso gli show non rappresentano.
Orphan
Black
infine distrugge gli stereotipi di genere presentandoci donne che
ricoprono tutti i tipi di ruoli, di potere e non. E
queste donne sono tutto questo indipendentemente dalle loro relazioni
con gli uomini. Di relazioni amorose ce ne sono quanto basta, la
giusta misura per soddisfare tutti senza mai strafare o creare legami
col solo fine di intrattenere. Infatti Sarah e Helena, pur avendo
relazioni nell'arco delle cinque stagioni, arrivano alla fine da
sole, senza uomini al loro fianco: quello su cui gli showrunners
hanno voluto puntare sin dall'inizio è stato piuttosto il rapporto
tra le sorelle, la famiglia, la maternità e la solidarietà.
Ma
lo show non tenta in alcun modo di fare la morale, piuttosto mette in
scena la realtà liberandosi dagli stereotipi e mostrandoci che le donne possono essere tutto questo soprattutto perché collaborano tra di loro e grazie al supporto delle altre possono fare cose straordinarie. Anche se lo show manca di personaggi femminili di etnie diverse (principalmente per motivi di coerenza scientifica, trattandosi di cloni), rappresenta donne di tutte le età, nazionalità e sessualità, che vogliono rivendicare l'autonomia dei propri corpi e non vogliono più essere condizionate da fanatici religiosi o da scienziati pazzi. Possono essere tutto questo e possono esserlo perché abbracciano le diversità e non permettono a nessuno di influenzarle. E questo è l'esempio di cui tutti abbiamo bisogno oggi.
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