NARCOS - Quando la realtà supera la fantasia



Plata o plomo piombo o argento, questo è il motto di Pablo Escobar, il Signore della droga che nel corso degli anni ottanta ha avuto ai suoi piedi l’intera Colombia riuscendo a sfuggire in più occasioni alla caccia intrapresa dalle forze antidroga.


Pablo Escobar


A più di vent’anni dalla sua morte il narcotrafficante dalla vita estrema è tornato a far parlare di se grazie a Narcos, serie prodotta da Netflix nel 2015, giunta alla sua terza stagione, ora orfana dello stesso Pablo, ucciso dopo un inseguimento rocambolesco alla fine della seconda stagione.


L’uscita di scena del protagonista non ha spento i riflettori sulla una figura diventata ormai leggendaria, simbolo della malavita mondiale, viene celebrato da t-shirt e citato in diversi videogiochi. Con le sue sue camicie appariscenti e un atteggiamento calmo che rasenta la freddezza, il personaggio di Pablo sembra incarnare l’identikit dei narcotrafficanti che da anni gli sceneggiatori hollywoodiani ci propinano, se non fosse che quello che abbiamo visto in Narcos è tutto vero.


Pablo Escobar


A conferma di ciò c’è la testimonianza di Sebastián Marroquín, al secolo Juan Pablo Escobar, primogenito del narcotrafficante colombiano. L’erede di Escobar, alla morte del padre ha rifiutato di seguire le sue orme. Dopo aver cambiato nome, ha deciso di dedicarsi ad una carriera decisamente più tranquilla nel campo dell’architettura.


Sebastián Marroquín al secolo Juan Pablo Escobar


Nel 2009 Marroquín, nel documentario “Sins of my father”, ha deciso di girare la Colombia per chiedere scusa alle vittime dei crimini commessi dal padre. In un’intervista sul Pais, l’erede di Escobar confessa che l’errore più grande della serie è non essere riuscita a capire la vera crudeltà di Pablo, molto più efferato di quello che si vede in Narcos.


Sebastián Marroquín


Il premuroso padre di famiglia che ci viene descritto nella serie, in realtà non si è fatto scrupoli a raccontare al figlio sedicenne, e non bambino come in Narcos viene rappresentato, i crimini di cui si è macchiato. “Mio padre mi raccontava tutto” - afferma Marroquín - “Mi ha sempre detto che era un bandito, un narcos. Quando guardavamo le notizie in televisione non gli tremava la voce a dirmi: quella bomba l’ho fatta mettere io… Mio padre ha sottomesso un intero paese con il terrore”.


La carriera di Escobar inizia presto, con furti e piccoli reati. E’ solo a partire dagli anni settanta quando la marijuana viene sostituita dalla cocaina, che la carriera di Pablo spicca il volo.  Con l'aumento della sua rete di collegamenti, aumenta anche la reputazione di spietato criminale. Tutti hanno paura di lui, preferiscono la corruzione alla morte certa. 


Wagner Moura nei panni di Pablo Escobar

E’ il timore reverenziale nei suoi confronti il vero punto di svolta nella vita di Pablo, ora ha quel rispetto e quel lusso che solo un abile sceneggiatore può far uscire dalla sua penna, ma che in realtà corrisponde a verità. Sono gli anni in cui il Signore di Medellìn possiede aerei, squadre di calcio, ville faraoniche. E’ talmente famoso che Forbes, lo incorona come uno degli uomini più ricchi del mondo.


Pablo Escobar e la sua squadra di calcio


I colombiani lo venerano grazie ad un’abile politica di aiuti a favore delle fasce più deboli della società. In quegli anni, entrando nelle case di Medellìn non è strano trovare altarini dedicati al Signore della droga. Pablo, infatti, si sente come un Dio, perché ha il potere di decidere della vita e della morte di chiunque.



Pablo Escobar durante la campagna elettorale

E’ un uomo sicuro ma arrogante. Questo lo spinge a candidarsi al Parlamento colombiano e come prevedibile, viene eletto. Il governo, conosce le sue attività, non può accettarlo tra le fila dei politici e per questo deve dimettersi.


Pablo Escobar durante una seduta al Parlamento

Sono anche gli anni in cui negli Stati Uniti inizia la lotta al narcotraffico. Vogliono l’estradizione di Pablo, ma per lui significherebbe la fine. Ingaggia con il governo una lotta senza esclusioni di colpi. La Colombia sembra uno scenario fantastico. La nazione è in ginocchio davanti alla guerra civile che vede contrapposti i sostenitori di Pablo ai fautori della legalità.



Viene dato alle fiamme il Palazzo di Giustizia, per far sparire ogni documento accusatorio. L’aereo Avianca 203 diretto a Cali, su cui doveva esserci César Gaviria candidato alla presidenza e a favore dell’estradizione, viene fatto esplodere. Gaviria rimasto a terra sopravvive, centinaia di innocenti trovano la morte.



Scena tratta da Narcos

Ma è La Catédral il simbolo della realtà che supera la fantasia e le doti dello sceneggiatore più abile. I governanti alle prese con una nazione provata dalla violenza, negano l’estradizione se il Signore della droga si consegna. Pablo accetta, ma detta le sue regole. Sarà lui a costruire la sua prigione caratterizzata da lusso e divertimenti.



Scena tratta da Narcos

All’interno de La Catèdral, si consumano due omicidi. Il governo non può più accettare il patto con Escobar. Pablo fugge grazie alla fedeltà dei suoi collaboratori e del popolo che ancora lo vede come un moderno Robin Hood. Sarà solo grazie alle intercettazioni telefoniche e alla collaborazione tra forze armate colombiane e statunitensi che il 2 dicembre 1993 viene scovato. Pablo è circondato, ma prima di morire lotta fino alla fine, in una rocambolesca fuga sui tetti.


Scena tratta da Narcos

I suoi funerali sono stati vissuti con grande partecipazione dalle persone del posto, emblema dell’affetto e dell’aura da eroe che si è costruito. Ancora oggi esiste a Medellìn il Barrìo Pablo Escobar, quartiere intitolato alla sua memoria. A seguito della serie molti contattano Marroquin perché vogliono seguire le sue orme. La realtà però è che Pablo ha passato la sua vita in fuga, rifugiandosi in posti disgustosi, ma soprattutto è morto solo, perché una vita dedita alla violenza lascia attorno a se solo paura e solitudine.


Fonte:Pais



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Articolo di Unknown

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