BETTER CALL SAUL - Recensione episodio 4x07 "Something Stupid"



Ci siamo sbilanciati nella scorsa recensione in difesa di questa quarta stagione di Better Call Saul. Oggi sappiamo che avevamo ragione. Something Stupid è qualcosa di bellissimo, anche se quest’altro titolo appartiene a un episodio precedente.
Il settimo episodio della quarta stagione di Better Call Saul è un punto di non ritorno, narrativamente e tecnicamente parlando. È sempre difficile parlare in nome della qualità tecnica di un prodotto televisivo oggi che, paradossalmente, viene un po’ facile a tutti. È più semplice limitarsi il più delle volte a parlare di una quality television che c’è, esiste ormai da trentanni, l’abbiamo vista crescere e alcuni di noi sono cresciuti con essa. Un realtà consolidata e al tempo stesso tutt’oggi in trasformazione.

Un paio d’anni fa scrissi un commento in attesa del debutto della settima stagione di The Walking Dead, elogiando la rischiosa decisione di inchiodare al muro lo spettatore con un cliffhanger che, per quanto mi riguarda, è entrato di diritto nella storia della televisione contemporanea. Quello del celebre zombie drama che ha visto certo tempi migliori è solo uno dei tanti conigli estratti dal cilindro della serialità televisiva odierna. Un’attenzione al dettaglio e un estro che ha fatto di alcune serie ormai divenute cult dei veri e propri baluardi del settore. Tra queste si distingue ovviamente Breaking Bad e con essa, avendo mantenuto gli stessi standard qualitativi, la derivata Better Call Saul in questione.

Something Stupid si apre così, con un falso cliché registico, il cosiddetto split screen che certo non è una novità né su piccolo schermo (ricordiamo l’uso viscerale dello split screen nella serie spionistica che inaugurò il nuovo millennio 24) né tanto meno su grande (vedi Napoléon, Abel Gance, 1927). L’operazione portata avanti dall’episodio di Better Call Saul consiste ancora una volta nell’abbattimento di una parete da un parte e dall’innalzamento di un muro dall’altra. È al centro la relazione della coppia protagonista Jimmy e Kim e le loro strade che sembrano allontanarsi sempre più per pura mancanza di comunicazione. Oltre ad esser la base dell’intera stagione, questo ci viene mostrato nei primi cinque minuti di puntata, in una sequenza di scene quotidiane sotto le note de brano di Lola Marsh che da il titolo all’episodio. È qualcosa di stupido quello che sta dividendo i due innamorati. Entrambi si nascondono qualcosa reciprocamente quando entrambi vogliono in fondo la stessa cosa. L’apparente allontanamento di Kim nel rinunciare allo studio associato con Jim cela in realtà il desiderio di potersi dedicare parallelamente a casi di persone bisognose di aiuto, lo stesso proposito che Jim desiderava per la loro partnership. Dal suo canto, Jim ha tenuto finora nascosto alla compagna lavoro collaterale di venditore abusivo di telefoni satellitari. Un nodo che nel corso dell’episodio verrà sciolto e inciderà definitivamente sul futuro della coppia, ma che durante i primi minuti di puntata contribuisce a rendere quel confine nero tra le rispettive vite dei due sempre più solido e impenetrabile. Abbiamo parlato di finto cliché proprio perché in certe scene lo splitscreen ha una funzione illusoria e serve a sottolineare attraverso le immagini la bolla che ciascuno si è costruito attorno e che senza che se ne accorgono lì porterà alla deriva. Fanno colazione insieme, ma in realtà sono ognuno per conto suo. Dormono nello stesso letto, ma è come se qualcosa li dividesse, e non è certo quella sottile linea di layout. Ci sono ancora delle scintille di unione che permettono di abbattere il confine, il piede di Kim sul lenzuolo, la bottiglia di vino di Jim. Ma questi primi, incredibili minuti hanno detto tutto di quanto accadrà e lo hanno fatto con un’incredibile apparato di scelte tecniche e linguistiche degni delle migliori serie televisive finora prodotte, e sicuramente degne di altrettante sofisticate scelte divenute famose in Breaking Bad, una su tutte Fly, l’ormai mitologico decimo episodio della terza stagione.



Tecnicismi a parte, Better Call Saul resta una serie di alto livello anche sul piano narrativo, con un Gus Fring che non stanca mai nello svelamento di altarini biografici che già conoscevamo ma che non riusciamo a non rigustarci con qualche lacrimuccia ogni volta che capita occasione. In Something Stupid Gus segue da vicino la terapia di Hector Salamanca, il quale, risvegliatosi dal suo stato comatoso, sembra guarire velocemente. Troppo velocemente per Gus, che decide di trasferirlo e interromperne così i progressi. Se nell’episodio precedente le parole tra i denti di Gustavo Fring trapelavano pura rabbia, quello che leggiamo nei suoi occhi è ora paura. Paura dell’uomo che Hector potrebbe tornare ad essere. Come sappiamo, la lungimiranza di Fring farà sì che Hector non torni più come prima.

Anche questa settimana Better Call Saul ci sorprende, con performance attoriali sempre più credibili e un linguaggio tecnico, lo abbiamo detto, di un prestigio con non poi così tanti precedenti in campo televisivo. Ultimo non perché ultimo, ma solo perché per scelta è stato fatto passare come un evento qualsiasi, è quando vediamo il Jimmy che abbiamo imparato a conoscere che emerge il Saul Goodman che tutti conosceranno. Sempre in quest’episodio infatti Jimmy torna a impiegare lo pseudonimo per i biglietti da visita da consegnare ai clienti di telefonini. Come ribadiamo ormai da settimane la trasformazione che tutti attendono è in realtà non solo già in atto, bensì può dirsi compiuta.

Tra le tante cose ancora da dire e scoprire, noi non vediamo l’ora di rimetterci in gioco per discutere gli ultimi colpi di quest’incredibile stagione.

Un saluto alla nostra affiliata Better Call Saul - Italia 

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Articolo di Fabio Scala

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