Il successo di questa canzone per Cooke fu modesto, soprattutto in confronto ad altri suoi singoli, ma il brano assunse una particolare importanza negli anni Sessanta, in quanto inno del movimento per i diritti civili degli afroamericani. Per questo motivo la canzone ha assunto sempre più importanza nel corso degli anni.
E la canzone di riferimento non è certo casuale. Durante l'episodio Sam si trova ad investigare sull'omicidio di un suo vecchio amico di colore, Cassius Thomas, ma le indagini vengono intralciate dal gruppo dei Black Panther guidati da Bunchy. Ed è qui che abbiamo il primo riferimento alla storia americana degli anni Sessanta.
Le Pantere Nere (o Black Panther Party) sono state una storica organizzazione rivoluzionaria afroamericana di quegli anni. Alla fine degli anni Sessanta, l'organizzazione divenne famosa nella scena politica nazionale statunitense ottenendo anche una notevole considerazione all'estero.
Il simbolo, la pantera nera, deriva dalla precedente Organizzazione per la libertà della contea di Lowndes, dalla quale alcuni membri del futuro Black Panther Party iniziarono ad organizzarsi.
L'obiettivo era di sviluppare il movimento di liberazione degli afroamericani fino ad allora discriminati, socialmente, politicamente e legislativamente.
Il movimento di liberazione stava conoscendo negli anni sessanta un rapido sviluppo grazie all'opera di attivisti (diversi tra loro) come Malcolm X e Martin Luther King.
La peculiarità delle Pantere fu quella di rifiutare le istanze nonviolente e integrazioniste di King, a loro avviso inefficaci e addirittura motivate da una nascosta collusione con le strutture di potere dei bianchi. Al principio della non violenza le Pantere sostituirono quello dell'autodifesa ed in particolare cominciarono a praticare il "Patrolling", cioè pattugliare, tenendo sempre le armi in bella vista, le azioni della polizia, in modo da condizionarne l'operato, impedendo che questa abusasse del suo potere contro le persone di colore che fermava.
Un ottimo approfondimento storico per Aquarius, che non si limita a raccontare la storia di Manson e della sua setta, ma ci inserisce nel vero e proprio contesto di quegli anni.
E non lo fa solo attraverso le storie degli afroamericani.
Il protagonista si trova anche ad affrontare i problemi del figlio, Walt, una volta scoperto che ha lasciato l'esercito per unirsi al movimento pacifista contro la guerra del Vietnam.
Altro tema scottante della fine degli anni Sessanta: il movimento di massa degli studenti di quegli anni trovò nella guerra del Vietnam un tema che incendiò l’opposizione generale, l'impiego americano di un numero sempre crescente di uomini e mezzi contro il popolo vietnamita era divenuto intollerabile, le immagini dei massacri nei confronti della popolazione civile e l’esperienza sconvolgente dei soldati ebbero una larghissima risonanza. Sempre più numerose divennero le manifestazioni contro una guerra definita “sporca” per la sproporzione tra i due contendenti e per gli strumenti di terrore e di morte utilizzati dall'esercito statunitense contro la guerriglia.
I problemi di Sam, tra la difficile risoluzione dell'omicidio dell'amico e di un giovane afroamericano, del quale la polizia sembra fregarsene, e le scelte discutibili del figlio, si aggiungono al rapporto con Grace, con la quale ha ormai ripreso una vera e propria relazione, alle spalle del marito di lei. Le cose si complicano quando Ken sembra scoprirli ed Emma scappa di nuovo da Charlie, scatenando le ire e la frustrazione della madre, contro l'amante.
Ormai dentro una situazione complicata, il protagonista si ributta nell'alcol e perde la testa, quando si presenta a casa di Charles Manson e si scontra con lui fino quasi ad ucciderlo.
A fermarlo per fortuna è Brian, che si trova lì per proseguire la propria operazione sotto copertura.
Episodio dal finale intenso, che sicuramente cambierà le carte di quello che succederà di qui in avanti.
Importante la focalizzazione e gli approfondimenti sul contesto storico, una delle cose più interessanti di questo show.
Appuntamento alla prossima!
Recensione di Lisa Marrucci
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