AMERICAN HORROR STORY - Recensione episodi 8x04-07


Siamo rimasti indietro con le recensioni di American Horror Story, ma c’è anche un lato positivo. Oltre a esserci tenuti in pari con il watching degli episodi siamo stati infatti attenti a captare il mood generale degli spettatori, le loro impressioni e il loro parere sull’ottava stagione per poi contraddirli adesso in una sola recensione.

A dire il vero Apocalypse sta piacendo molto anche a noi, ma da lì a esultare alla migliore stagione di AHS , o al ritorno di qualcosa che non è certo essersene mai andato, di acqua sotto ai ponti ne passa parecchia. La volontà critica ci spinge anzi a storcere il naso di fronte a una serie che improvvisamente sembra contorcersi su se stessa dopo la coraggiosa scelta di rilanciarsi con due stagioni, Roanoke e Cult, che tanto avevano da dire e attraverso le quali molto si era reinventata, nonostante l’allontanamento dalla serie di una considerevole fetta di pubblico emotivamente vincolata (o limitata) alle suggestioni di Asylum e Coven. Gli stessi spettatori che sono ora richiamati all’appello con una serie ufficialmente all’insegna del crossover ma con un risultato finora non molto distante dal mero fan service, da una serie cioè di regali ai fan di Murder House (tra cui chi sta scrivendo), Coven e addirittura Hotel, che sembrano influenzare in maniera non trascurabile il potenziale di una stagione tanto attesa come Apocalypse, se non addirittura la natura stessa dello show.



Il format antologico di AHS è stato in realtà messo in discussione già nelle serie passate. Ricordiamo il background di Pepper intelligentemente intrecciato alle vicende di Freak Show, o i personaggi della Paulson in grado di attraversare le stagioni alla pari di Cooper con i piani dimensionali di Twin Peaks. Ryan Murphy e famiglia sono sempre stati ben consapevoli dell’universo narrativo messo in piedi, una qualità che non abbiamo mai mancato di rimarcare, ma questa è certo la prima volta in cui AHS cessa di essere un’antologia per trasformarsi definitivamente in una via di mezzo tra un sequel e uno spinoff di almeno quattro stagioni su otto.

Dopo Forbidden Fruit, il terzo e ultimo episodio da noi recensito, in pieno stile AHS le cose hanno preso una strada del tutto nuova. Gli occupanti dell’Avamposto sono tutti morti e la Congrega di streghe capitanate dalla Suprema Cordelia Goode hanno fatto il loro glorioso ritorno riportando in vita le loro sorelle Mallory, Coco e Dinah. Da questo momento in poi il plot fa un salto indietro e ci racconta come le strade di Michael Langdon e della Congrega di  si sono incrociate. Gli Stregoni hanno visto in Michael e nei suoi poteri senza eguali l’occasione perfetta per sovvertire il matriarcato delle Streghe e imporre il primo Supremo di sesso maschile. Michael dimostra tuttavia di essere molto più che un semplice Stregone, se pur il più forte di tutti, e di essere legato in maniera diretta alle forze del male. In questo lo show ha soddisfatto le vere aspettative degli amanti della prima stagione, confermando i sospetti che Michael fosse effettivamente l’Anticristo in persona. Comincia uno scontro di poteri tra sostenitori e detrattori del nuovo Supremo e la stessa Cordelia si trova a mettere in discussione le proprie convinzioni, soprattutto quando Michael prova di essere in grado di strappare Queenie dall’hotel Cortez, laddove Cordelia aveva tentato invano più e più volte. Oltre a Queenie tornano nel mondo dei vivi anche Madison, liberata dal mondo prigione nel quale era stata segregata, e Misty Day, che era morta nel tentativo di superare le Sette Meraviglie per confermarsi degna erede di Fiona Goode.

Presto alcuni Stregoni, tra cui John Henry Moore (Cheyenne Jackson), si rendono conto che il potenziale Alpha di Michael Langdon va ben al di là delle loro aspettative. John Henry viene assassinato da Maid (Kathy Bates) ma Cordelia viene comunque informata dei dubbi interni alla congrega degli Stregoni da parte di Behold, il quale viene inviato insieme a Madison a indagare le origini del loro nemico. Qui ha preso piede uno degli episodi più attesi, il ritorno alla Murder House e il ritorno di Jessica Lange nei panni dell’ormai mitologica Constance Langdon. Il risultato delle indagini era abbastanza telefonato e comunque credibile, ma a riuscire a infastidirci è stata la necessita di tirare le fila di un plot che era perfetto se lasciato in sospeso. Se da un lato andava spiegata l’infanzia di Michael, dall’altra non tutti sentivamo il bisogno di vedere conciliata l’armonia in famiglia Harmon. Le questioni in sospeso il fulcro delle storie di fantasmi. Tolte quelle non ci sono più fantasmi di cui interessarci.


Ciononostante il piano nostalgia di Apocalypse sta riuscendo alla perfezione e, visto l’entusiasmo di buona parte del pubblico, forse Ryan Murphy ha visto ancora una volta parecchio lontano rispetto a tutti noi. Il dubbio su cosa rimanga di questa stagione una volta tolto il fattore crossover esiste e difficilmente si scollerà dai nostri pensiamo. Restiamo tuttavia pronti a farci sorprendere come solo una serie come American Horror Story è sempre stata in grado di fare.

Un saluto all'affiliata American Horror Story Italia 

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Articolo di Fabio Scala

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