SLOW HORSES - Recensione 5x06 "Scars" (SEASON FINALE)

In cinque stagioni Slow Horses è riuscita a tenere viva la sua formula, che mescola sapientemente il racconto di spionaggio con uno studio impeccabile sui personaggi. E la fine di questo quinto ciclo non è assolutamente da meno, fra la chiusura della missione stagionale e l'arrivo di alcuni significativi cambiamenti, uno dei quali già percepito da un paio di stagioni a questa parte. Diretto, come sempre, da Saul Metzstein e scritto dal creatore Will Smith, "Scars" vede i Ronzini salvare Londra dal gruppo di Abbotsville e un cambio ai vertici al MI5.

"You know, it's not the hope that kills you, Cartwright. It's knowing it's the hope that kills you, that kills you."

L'episodio chiude la stagione mantenendo il ritmo serrato visto negli episodi precedenti e decide di regalare qualche sorpresa, sia riguardante la trama stagionale sia per quanto riguarda il futuro della serie. Il tutto riparte dopo la rivelazione che Tara è parte dell'operazione Abbotsville sin dall'inizio e vediamo quest'ultima muoversi per occupare l'ambasciata libica a Londra e chiedere cento milioni di sterline e una via di fuga, e Taverner, al fine di impedire che il caos continui a dilagare, accetta di pagare, ma pian piano vengono scoperte le carte. Tara è semplicemente una leva e non ha alcun potere decisionale sul gruppo, visto che Farouk intende comunque proseguire col piano di destabilizzazione, che prevede come tappa finale l'attacco di un luogo di culto, nella fattispecie una chiesa che accoglie tutte le fedi indistintamente (si esistono davvero!). E anche i Ronzini si muovono, con Standish e Lamb che catturano Tara, mentre River, Coe e Shirley che fermano il massacro nella chiesa. La vicenda sembra concludersi lì, ma ecco che il buon David Cartwright tira fuori una delle sue perle e River questa volta lo ascolta, portandolo a realizzare che Sami, uno degli operativi di Farouk, che sembrava lo avesse mollato, era stato mandato ad uccidere Whelan, per via della politica portata avanti per la Libia in passato. River arriva in tempo per salvarlo, uccidendo Sami, ma Whelan decide di ricambiare in maniera scorretta, progettando di far chiudere la Slough House. Ma, una volta faccia a faccia con Jackson, questo gli fa' ascoltare la registrazione della lite fra lui e Gimball, portandolo ad accettare un succoso compromesso. Questo lo porterà a lasciare il posto di direttore del MI5, giustamente sostituito da Taverner, e a dover tenere aperta la Slough House, facendo persino liberare Roddy e negando a River la possibilità di promozione (modo molto alla Lamb di dire che lo vuole con se' perchè lo stima). E, dulcis in fundo, scopriamo qualcosa che sospettavamo già da tempo. Ricordate la storia dell'uomo torturato raccontata da Lamb nel terzo episodio? Ebbene, l'uomo torturato era lo stesso Lamb, come dimostrato dalle cicatrici sui piedi, un immagine agghiacciante che chiude una stagione di grande livello.

IL PAGELLINO

Per cinque anni (letterali) Slow Horses ha continuato a mantenere alto il proprio livello, riuscendo a combinare un racconto di spionaggio intenso e che attinge notevolmente dall'attualità a uno studio sui personaggi molto accurato, senza dimenticare l'ironia pungente e l'assurdità come ingrediente segreto. Al suo quinto ciclo la serie dimostra di essere pregevole dal punto di vista tecnico, con una buonissima regia, come anche dal punto di vista della scrittura, asciutta e decisa, che non lascia nulla al caso, dando modo ai colpi di scena di svolgersi in maniera adeguata. Stagione che attinge fortemente all'attualità, con uno sguardo al diviso panorama politico londinese, che combacia perfettamente con la situazione del resto del mondo, e che da' modo a personaggi secondari di emergere di più, su tutti Shirley (Aimee Ffion-Edwards), Coe (Tom Brooke), Flyte (Ruth Bradley) e Claude Whelan (James Callis), senza dimenticare quelle che sono le certezze della serie. Su tutti Gary Oldman, ormai diventato anima e corpo con Jackson Lamb, personaggio che scopriamo via via essere sempre più sfaccettato, Jack Lowden, che, è nella pelle di River più che mai (nonostante abbia avuto un arco narrativo un po' acerbo) e Kristin Scott Thomas, sempre impareggiabile nei panni di Diane Taverner. E per la sesta stagione, prevista per il prossimo anno, ci aspettano fuochi d'artificio, con il ritorno di Frank Harkness (Hugo Weaving) e i Ronzini costretti alla fuga. E, come si dice in questi casi, siamo sedutissimi.

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Articolo di Ada Bowman

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