AMERICAN HORROR STORY - Recensione dell'episodio 7x04 "11/9"




Una parte di pubblico si è lamentata per le troppe urla di Sarah Paulson e le poche apparizioni di Evan Peters? Eccoli accontentati. In un episodio dove Ally compare poco e niente e al contrario Kai Anderson regna sovrano, si mescolano splatter e fantapolitica, in uno sposalizio all'altezza delle aspettative di questa settima stagione. Andiamo dunque a commentare il quarto episodio della settima stagione di American Horror Story: Cult andato in onda ieri sera negli Stati Uniti recante il titolo 11/9.


Il titolo è presto spiegato. Come noi di Lost In A FlashForward avevamo intuito dal promo discusso nell'anteprima di ieri pomeriggio, 11/9 sarebbe andato a sciogliere alcuni nodi sulla diegesi finora nascosta ai nostri occhi e antecedente alla notte delle elezioni che ha dato il titolo alla prémiere. Mediante cinquanta minuti di flashback abbiamo dunque avuto modo di scoprire il metodo operandi di Kai Anderson nell'assoldare i suoi adepti e svelare, inoltre, le identità di alcuni di essi.

Ma
 il quarto episodio segna anche il (breve) ritorno di Emma Roberts, reginetta dell'urlo già amata in American Horror Story ma anche in Scream Queens, dov' è protagonista assoluta. Emma Roberts interpreta l'odiosa e arrivista Melinda, un temperamento che alla Roberts viene incredibilmente bene, giovane reporter intenzionata a tutto pur di fare carriera e scavalcare Beverly Hope, personaggio già conosciuto negli scorsi episodi e interpretato dalla bravissima Adina Porter, tra i protagonisti principali della scorsa stagione. Beverly e Melinda aprono l'episodio, in una scena ambientata nella notte del voto, dove in fila tra gli elettori abbiamo modo di vedere tutti i personaggi finora incontrati, da Ally, Ivy e Winter a Harrison e Meadow Wilton. Nei seggi abbiamo poi modo di scoprire quale candidato ha votato ciascun personaggio, dai dubbi di Ally alla scelta del tanto discusso Dottor Vincent, il quale in questo episodio appare solo in quest'occasione.




Ben presto appare in scena anche Kai, scortando il proprietario del market conosciuto nel primo episodio e che in molti avevamo certamente scambiato per un reduce di guerra, qui intenzionato a votare nonostante l'avambraccio tranciato e sanguinante.
 Nei primi minuti è del tutto normale chiedersi cosa diamine stia succedendo, ma entro la fine dell'episodio tutto viene magistralmente spiegato.

Passiamo poi a Kai che si iscrive ad una palestra con lo scopo di farsi seguire da Harrison Wilton. Quest'ultimo appare insicuro e debole, nonché vittima di mobbing da parte del suo capo. Kai lo ha inquadrato già da tempo, verrà rivelato in seguito ma è facile capirlo fin da subito. Il ragazzo innesta la sua idea del mondo nella testa di Harrison e lo spinge a uccidere il proprio capo e a farlo a pezzi nella vasca da bagno del motel in cui vive con la moglie Meadow dopo il pignoramento della loro abitazione. La donna scopre l'accaduto ma si mostra rassegnata, anch'essa in uno stato di fragilità e completa estromissione dal mondo circostante, al punto che nel seggio elettorale ha votato per Oprah. La complicità nascente tra Kai e i coniugi Wilton spiega già sufficientemente le scene di confessione alle quali abbiamo assistito nell'episodio precedente Neighbors from Hell.




Kai studia allora diversi casi umani e possibili suoi adepti, finendo con l'incontrare alla televisione la figura di Beverly Hope. Una breve ricerca su internet porta il ragazzo a scoprire un recente esaurimento da parte della reporter, vittima di discriminazioni di diverso genere diventate poi virali. Dopo avere aggredito uno dei figuri che spesso si intrometteva nei suoi servizi al grido dello slogan di Donald Trump “Grab them by the pussy!”, Beverly  fu fatta ricoverare per un periodo prima di tornare ai microfoni nel notiziaro ed essere relegata in notizie di secondo piano, ormai surclassata da Melinda. Colta sul fatto da Kai mentre fora le gomme dell'auto del proprio capo, il ragazzo invita Beverly a bere un caffè e innesca il contatto necessario per convincerla a passare dalla sua parte. La donna è tuttavia restia a credere in Kai, così come non crede in nient'altro e in nessun altro. Kai decide allora di darle una dimostrazione e uccide (o fa uccidere?) Melinda durante un servizio che, pur non andando in diretta, viene visto da Beverly, la quale ha subito collegato l'accaduto al ragazzo del caffè. Quello che Kai sembra volere da Beverly è che la donna diffonda il suo verbo attraverso la paura, seminando terrore e inquietudine nei propri reportage rivolti alla popolazione locale. Una vera e propria portavoce del culto.

Gli assassini di Melinda/Emma Roberts sono stati in realtà i pagliacci ormai a noi familiari. Questo cosa significa? Presumibilmente, significa che dietro parte dell'incubo o cospirazione ai danni di Ally ci sia sempre Kai, insieme ai vicini infernali Harrison e Meadow. Questa risposta è tuttavia una mezza risposta, per il seguente motivo. Nel momento in cui Beverly si reca a casa di Kai per accertarsi che l'omicidio sia avvenuto per mano sua, non solo il ragazzo reagisce in modo equivoco, come se stesse improvvisando sul momento prendendosi i meriti della carneficina fatta dai clown, bensì solo fino a pochi minuti prima stava consultando i bozzetti di Meadow rappresentanti le maschere di clown, quindi solo dopo l'assassinio di Melinda. Temporalmente le cose non coincidono e questo ci porterebbe a credere che clown e setta di Kai non siano per forza la stessa cosa. La maggior parte delle scoperte in questo episodio, al contempo, lasciano intendere che lo siano eccome.



Ma
 non finisce qui. Il giorno prima del fatidico 9 novembre Ivy si reca senza Ally ad una manifestazione tra elettori di Trump e della Clinton. Qui Ivy viene molestata dal proprietario del market sempre sulle note di grab them by the pussy. Interviene Winter e scopriamo quindi che le due donne si sono già conosciute in precedenza, e non solo. Winter convince Ivy a sequestrare l'uomo e incatenarlo in uno scantinato per impedirgli di andare a votare. Scopriamo dunque alcune ombre sulla figura di Ivy, personaggio sospettato da molto già dal primo episodio. Tuttavia, nulla lascia intendere che la moglie di Ally sia coinvolta nel culto di Kai. Al contrario, Winter dimostra ancora una volta la sua dipendenza dal fratello, mostrandogli il luogo dove lei e Ivy hanno rinchiuso l'uomo. Qui Kai convince l'uomo, sempre per mezzo di retorica e psicanalisi, a liberarsi dalle manette tranciandosi l'avambraccio con una sega, per poi andare a votare. Qui ci ricolleghiamo alla scena iniziale e tutto ha finalmente un senso.

Le domande sono ancora molte ma la sfida è aperta nei confronti di coloro che hanno gridato all'”incomprensibile” già dal primo episodio, quando la stagione in sé non risulta certo meno chiara delle precedenti, essendo il mistero e i segreti sempre stati alla base del genere che l'antologia ha da subito voluto adottare, a partire dal titolo della serie.


Alcune verità vengono a galla ma la paura, vero topic della stagione, si diffonde a un'incredibile velocità, ogni episodio che passa. I tormenti di Ally sono semplicemente un tentativo di Kai di portarla dalla sua parte? Quanto è coinvolta Ivy? E il Dottor Vincent? Cos'ha che non va quell'uomo? Perché quell'uomo ha decisamente qualcosa che non va, lo percepiamo da dietro lo schermo.

In attesa del prossimo episodio, teniamo una luce accesa e dormiamo con un occhio aperto. Non abbiate paura, anzi, abbitala così Kai è contento.





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Articolo di Fabio Scala

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