Silenzio
in aula, il primo episodio della quarta stagione di Better Call Saul
è oggi disponibile su Netflix. Noi di Lost In A FlashForward ci
siamo fiondati a vederlo e abbiamo già pronte due parole in merito.
Sempre
più spesso la gente chiede sui gruppi di settore in rete se Better
Call Saul possa dirsi scollegata dalla serie madre Breaking Bad. In
altre parole se è possibile vedersi lo spin-off prequel
ignorando beatamente quanto accaduto nell’ultimo decennio di
televisione (avete capito bene, Breaking Bad spegne quest'anno dieci candeline!). Come abbiamo lasciato trasparire nelle
nostre precedenti osservazioni sul prodotto, la risposta rimane
SI. Better Call Saul
è di fatto un legal drama, un genere decisamente più specifico e delimitato rispetto alla serie
madre e Jimmy McGill, in arte Saul Goodman (se pur non ancora) è un
personaggio di un carisma tale
da poter sostenere sulle spalle una serie derivata senza sentire il
peso della responsabilità firmata W.W.
Better
Call Saul è e rimane una serie autonoma, usufruibile a parte, ma non del tutto. Chiunque può vederla senza perdere il filo, ma al tempo stesso solo chi ha
preso familiarità con l’universo narrativo messo in piedi da Vince Gilligan può godere a pieno di
tutte le strizzate d’occhio, gli easter eggs,
le guest stars o
semplicemente del gioco empatico con il protagonista, delle domanda
sulla sorte dei personaggi che lo circondano e dei motivi per i quali la sua vecchia
vita può dirsi tale. Un tipo di complicità con gli amanti di Breaking
Bad che si impone, è
impossibile e quindi inutile negarlo, a partire dalle scene di apertura in bianco e
nero all’inizio di ciascuna stagione dello spin-off.
Trattasi di flashforward
che ci raccontano a piccoli sorsi la vita futura di Saul, ora Gene
Takavic, e del suo stato di latitanza dietro il bancone di un
Cinnabon (come aveva fatalmente previsto nella quinta stagione di
Breaking Bad). Questa
è l’unica occasione data a noi fan del signor White e famiglia di
assaporare anche solo per pochi minuti di un barlume di risposte
sulla sorte dei personaggi rimasti in vita come, per
l’appunto, il nostro avvocato di fiducia.
La
quarta stagione si apre così su un nuovo squarcio di vita di Gene
Takavic steso sul pavimento della pasticceria in preda a un collasso
che solo in ospedale si rivelerà essere un falso allarme.
L’uomo vive perennemente in uno stato di ansia, sospettoso nei
confronti di chiunque e sempre in allerta, pronto a essere
riconosciuto da qualcuno o peggio. Rispetto ai flashforward
delle passate stagioni, che miravano come abbiamo detto a fungere da
vero e proprio ponte tra le due serie, assistiamo ora a un primo
sviluppo che va a incidere in maniera rilevante sul plot principale. Di
ritorno in taxi dall’ospedale Gene nota un sounvenir
di Albuquerque, luogo degli eventi di Breaking Bad, appeso allo specchietto retrovisore della vettura. L’autista, un
uomo inquietante, scruta il passeggero dallo specchietto dimenticandosi addirittura di partire al semaforo verde. Un crescendo di
tensione che si risolve in un nulla di fatto ma che porta ora anche
noi, coloro che fino ad ora guardavano a questi salti nel futuro con curiosità e a caccia di
collegamenti con Breaking Bad, a temere per la vita del nostro protagonista.
Arriva di colpo l’ormai familiare intro
e sappiamo che dovremo aspettare ancora molto per avere delle
risposte, se mai di risposte ci sarà bisogno. Quello che deve ora
interessarci è il passato di Saul Goodman e non il suo futuro. Le
origini del mito, non il triste epilogo. Un triste epilogo che a
questo giro è toccato al fratello maggiore Chuck, morto nell’incendio col quale si era conclusa la stagione precedente. Le
vicende del primo episodio della quarta stagione riprendono
esattamente da qui e non vanno molto oltre. Ricevuta la notizia di
prima mattina, Jimmy si reca sul luogo dell’incidente insieme a Kim giusto in tempo per vedere il furgone del coroner allontanarsi e
assistere all’incenerimento di ciò che resta dello scheletro della
casa.
Contro
ogni aspettativa, dopo il
funerale Howard tiene a
raccontare a Jimmy e Kim della discussione avuta con Chuck prima
dell’accaduto. Howard
ammette di sentirsi responsabile di ciò che ritiene non essere stato
un incidente bensì un suicidio.Consapevole di non essere l’unico ad avere sulla coscienza la morte del fratello e intenzionato a farlo pesare,
Jimmy liquida l’autocommiserazione di Howard con franchezza.
Nel
frattempo, l’attentato di Nacho alla vita di Hector Salamanca ha
dato avvio in poche ore a una nuova era. Juan Bolsa si muove da
subito per adattare la gestione del narcotraffico alla nuova
situazione, mentre Nacho si libera dell’arma del mancato delitto,
spiato dagli occhi indiscreti dei Cugini Salamanca. Non è difficile
immaginare come le condizioni di Hector apriranno le porte all’impero
di Gustavo Fring così come lo conosciamo.
Continuano
infine le indagini parallele di Mike alla
Madrigal Electromotive e il suo avvicinarsi al personaggio di
Lydia-Rodarte Quayle in un
intreccio di storyline
che possiamo augurarci convoglieranno sempre
più verso una sola, una
volta che i pianeti Better
Call Saul e Breaking
Bad saranno allineati. Questo
coinciderà verosimilmente con la conclusione di Better
Call Saul e quindi a partita. Una partita che ora è ancora aperta e di cui possiamo godere, conoscendo sì il destino di molti
dei personaggi in gioco, ma proprio per questo motivo risulta
ogni volta sempre più interessati e invogliati a scoprire come verranno svelati gli altarini,
intrecciate le diverse sorti e soprattutto cosa spingerà Jimmy
McGill a trasformarsi definitivamente in Saul Goodman. Una punto di non ritorno di cui grazie a questo primo episodio possiamo farci una chiara idea.
Un saluto alle affiliate:
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