Le
ampie gonne in seta ruotano in fruscii sfarzosi ad ogni passo di danza sul
pavimento bagnato di luce dorata, in un crescendo di musica. Dal buio che
prepotente si mostra oltre i vetri il popolo si spinge arrabbiato contro i
cancelli, insieme alla cruda realtà degli eventi.
“Now is the winter of our
discontent”
La
presa di coscienza di Vittoria, di fronte alla reazione del popolo è una scena
in cui regna la musica in un crescendo drammatico, alternata alle urla e allo
scontento del popolo. L’espressione mortificata e sconfitta della Regina è
emblematica.
Le
sue buone intenzioni non sono state capite e riconosciute. Il ballo era stato
indetto appositamente per far lavorare i tessitori e portare l’attenzione del
caso al Parlamento, ma ciò di cui hanno discusso le camere è quanto la Regina
abbia speso, quanto cibo sia stato preparato per uno frivolo atto come una
festa. La Regina commissiona un abito da 64.000 sterline, mentre il popolo muore di fame.
“Non
hanno bisogno di balli, hanno bisogno di pane”
L’indigenza
della popolazione, ha radici in un malessere che non ha la pazienza di capire
le motivazioni che si possono celare dietro a un ballo, come un occasione di
lavoro, presentare le sete e il pregio alla nobiltà perché commissioni vestiti,
e soprattutto porre attenzione sulla necessità di difendere i lavoratori
inglesi dalle importazioni.
Il
Primo Ministro Robert Peele è stato
lungimirante nel vedere dove avrebbero portato l’ingenuità e le buone
intenzioni di Vittoria, ma la causa era giusta. Quando il signor Bascombe si è
presentato da lei, per chiederle espressamente di proteggere il lavoro dei
tessitori di Spitafields, minacciato dalle sete importate a costo più basso,
Vittoria, vedendo la qualità inferiore del prodotto proveniente dal continente,
ha deciso di dover aiutare e cercare un modo per tutelare i tessitori inglesi.
La loro causa non viene perpetrata perché i tessitori non hanno posto alla
camera dei Lord e l’idea di applicare una tassa per proteggerli simile alle
Corn Laws non verrebbe ascoltata.
“Io
darei la colpa al Primo Ministro, che mi impedisce di avere pane a basso costo
supportando le Corn Laws” risponde Vittoria a Robert Peele.
La
nostra Regina comunque, mostra sempre tutta la grazia e la pietà che l’hanno
sempre contraddistinta, delusa da ciò a cui hanno portato le sue buone
intenzioni, si ritrova a fissare nella luce bianca del mattino gli avanzi e lo
spreco del buffet della festa. La decisione di dare tutto ai poveri non mi ha sorpreso. È sempre stata conscia
del suoi limiti e anche dei suoi sbagli, e tiene sinceramente al suo popolo. Lo
dimostra andando di persona, con la sola compagnia di Miss Skerrett, a vedere
il quartiere di persona, e a trovare Mr Bascombe.
“Vi ha apportato dei
benefici?” chiede.
La
risposta positiva dell’uomo la risolleva, le fa almeno pensare e sperare di
aver fatto del bene, nonostante le dure critiche dei giornali.
È
un episodio questo, che porta due punti di vista opposti, quello della famiglia
reale e quello del popolo, dove un azione viene vista come in uno specchio il
contrario di ciò che voleva essere. Un piccolo spaccato delle volte in cui la
monarchia non abbia compreso il suo popolo e viceversa. Due condizioni tanto
diverse da non capirsi nelle priorità e nei modi.
Il
ballo di Vittoria ha creato tanto clamore perché usato dall’opposizione e visto
come spreco di denaro, sperpero di ricchezze quando la gente vive nell’indigenza,
un rovescio della medaglia che la regina non aveva previsto perché lontana e
estranea al loro reale punto di vista.
Perché
se il popolo muore, la monarchia festeggia?
Un
ballo oggetto di discussione, un “fallimento” preventivato dal Primo Ministro e
anche da Albert, in cuor suo sapeva che non avrebbero visto il ballo di buon
occhio, ma la sua ricerca continua di indipendenza lo porta a lasciarsi tentare
e affascinare da una corona, anche se finta.
Storicamente,
il Principe Alberto ha sempre sofferto delle difficoltà, prima poste dal parlamento
inglese, e poi nel sentirsi “Solo un marito, e non un vero e proprio padrone di
casa”. La casa della regina era infatti mandata avanti dalla sua corte,
capeggiata dalla baronessa Louise Lehzen.
In
questo episodio possiamo vedere come Albert inizi a occuparsi anche della
gestione della casa, risentito perché quel piccolo vagabondo è riuscito a
eludere la sorveglianza del palazzo, è deciso a prendere in mano la situazione
col suo consueto fare pratico. Chiede e indaga perché le finestre all’esterno
non vengano pulite, questionando un orgoglioso Penge e una Lezhen che se la
ride sotto i baffi. Si accorge anche che i salari della servitù sono
tremendamente bassi e per questo viene gonfiato il conto della spesa per
rifarsi dei soldi. Da uomo pratico e di buon cuore, decide naturalmente di
alzare i salari, così che le borse della corona non vengano derubate, sotto un
incredulo e forse un po’ commosso Penge e una compiaciuta Lezhen.
Secondo
la storia, la Baronessa Lezhen venne sempre più allontanata dal Principe
Alberto, fino a cacciarla dall’Inghilterra. Visto come si stanno evolvendo le
cose nella serie, non credo che si arrivi a tanto, Albert non sembra mal
tollerare Lezhen e la stessa è stata di recente un appoggio anche per lui,
quindi presumo che sia un fatto storico dal quale la serie si dissoci. È
probabile che Lezhen possa andarsene, ma forse in modo meno turbolento e non di
certo nell’immediato.
È
stato molto familiare il momento in cui Victoria e Ernest scherzano su Albert
tra loro; soli, senza dame di compagnia o paggi, mi sono sembrati tre giovani
della loro età che giocano organizzando una festa, un momento di condivisione
familiare privo di etichette.
Gli attimi
tra fratelli si sono finora rivelati un punto di forza e ora che Ernest ha
deciso di ritornare a Coburgo non so come farò senza di lui. Il ballo, ha fatto
rincontrare lui e Harriet, le ferite del cuore ancora non si sono rimarginate.
Ernest
adduce la scusa del padre, ma credo che ormai quel luogo gli ricordi Harriet
fin troppo e in un modo che non è più disposto a sopportare.
Nei
downstairs, non succede molto, Miss Skerrett prende sempre più spazio, la
vediamo anche durante una visita all’amica, sempre indurita e incattivita dalla
sua condizione, mentre la simpatia tra Mr Drummond e Alfred Paget è ormai
evidente e reciproca, è impossibile non fare il tifo per loro.
Il
Primo Ministro Robert Peele si conferma un uomo capace in politica, e di buon
senso, ma ancora poco esperto nel rapportarsi con la Regina facendole capire il
suo punto di vista. Trova anima affine in Albert, al quale propone un progetto
che sicuramente ha rischiarato l’animo del Principe. Il palazzo di Westminster,
bruciato in un incendio anni prima, deve essere ricostruito. E i lavori vanno a
rilento, il progetto continua a cambiare e non è ancora stata presa una
decisione ben definita, manca qualcuno di deciso e pratico alla guida e Peele
vede in Albert la persona giusta, dandogli un nuovo scopo e più rilevanza
all’interno del regno.
“Vi
sentite bene?”
“Non
posso davvero dirlo”
Lord
Melbourne in quella scena immersa nella luce, in cui i suoi occhi chiari e
sgranati, più grandi del solito, ascoltano le parole inequivocabili del medico,
ci spezza il cuore. Una verità dalla quale non può fuggire e che il suo corpo
gli sta presentando con debolezze e tremiti.
Evita
Vittoria perché non scopra della sua condizione, non risponde alle sue lettere,
fino a presentarsi a un ballo, nel quale non è in grado di danzare fino alla
fine con lei, salvato più volte e protetto da una silente e attenta Emma,
spettatrice di tutto ciò che avviene a corte, e amica di Lord M., decisa ad
assentarsi dalla Regina pur di portargli conforto e assistenza nella malattia.
La
sorte di Lord M, è così inesorabile che persino lui sembra essersi reso conto
soltanto ora della sua condizione.
“Da
cosa vi vestirete?” gli chiede Emma
“Da
Dante, che verso il paradiso, non dalla parte opposta”.
I due uomini chiacchierano pacificamente, vecchie tensioni sono
lasciate alle spalle, è un momento di confidenza, in cui Albert mette da parte
la sua diffidenza e Lord M gli da il suo sostegno, così come farebbe con
Vittoria.
Ed
è proprio Albert ad accorgersi della malattia, e a riferirlo a Vittoria,
facendosi promettere di non rivelare nulla a Lord M, perché non vuole che lei
lo sappia.
La
testardaggine di Vittoria, però, le impedisce di non fare nulla, e si presenta
allora da Lord M con un dono, prendendo esempio dagli uccellini del signor
Bascombe, gli regala una gabbia, con un uccellino meccanico in grado di
intonare diverse melodie. Un incontro fatto di non detti a parole, ma che gli
sguardi comunicano benissimo, dagli occhi preoccupati di Vittoria, a quelli
pieni di commozione e tristezza di Lord M.
Un
regalo per ricordarsi di lei, un dono d’addio, perché tra poco non potrà più
viaggiare. I saluti sono piene di promesse impossibili che non potranno essere
mantenute, la promessa di una lettera, o una cavalcata nel parco.
Un
addio che si materializza nella morte di Dash, unica compagnia e amico di
Vittoria negli anni a Kensington, un abbandono che spezza il suo cuore,
rendendo ancora più vicina e concreta la malattia di Lord M, e la triste verità
che quell’incontro è stato l’ultimo.
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