THE WALKING DEAD - You can breathe, you can blink, you can cry. La quarta dimensione del cliffhanger



Mancano due giorni. Soltanto due giorni al ritorno di The Walking Dead e alla verità che gronda dal filo spinato di Lucille, l'iconica arma di uno dei villain “seriali” ormai più amati e temuti nell'arco dei pochi minuti in cui è apparso sulla scena.

Fino a tre stagioni prima dicevamo lo stesso di Philip Blake. Tuttavia, laddove del Governatore non restano che meme sulla presunta paternità di Carl, di Negan si parla da tempo con nessuna traccia di ironia. I fan del fumetto lo conoscevano molto bene e hanno superato i periodi di crisi della serie televisiva attendendo il suo arrivo. Il pubblico prettamente televisivo poteva invece averne sentito soltanto parlare come si parla di un fantasma o di un'ombra in una storia dell'orrore. Presumibilmente, lo spettatore medio di AMC's The Walking Dead ha cominciato ad avere a che fare con la potenza caratteriale di Negan solo dalla quinta stagione.
Consapevoli di dover tenere incollati agli schermi sia lettori che telespettatori, gli autori hanno ben pensato di costruire e raccontare il personaggio a capo dei Saviors e il suo arrivo come una leggenda o, come dicevamo, un fantasma. Un'ombra che aleggia attorno ai protagonisti e che sembra impossibile da afferrare.

In quest'ottica, non casuale sembra la scelta di assoldare Jeffrey Dean Morgan, carismatico interprete amato sia dagli appassionati di fumetti per il suo controverso ruolo in Watchmen che dal fandom televisivo per la sua parte in Supernatural nei panni di papà Winchester. Quest'ultimo coinvolgimento, tre le altre cose, una cosa in comune con il personaggio di TWD ce l'ha eccome e sempre di attesa si parla. Nel corso della prima stagione di Supernatural Dean e Sam cercano infatti loro padre in lungo e in largo, ricongiungendosi con egli solo alla fine. Analogalmente, Negan è giunto nell'epilogo, nella season finale, oltre che nell'ultimo giorno (titolo originale del sedicesimo episodio dell'ultima stagione) di uno dei protagonisti. Da una certa prospettiva ancora, perfino la sua performance in Watchmen nei panni del Comico è ridotta a pochi minuti di film, nonostante il suo fantasma (e siamo a tre) sia rievocato per tutto il racconto.


Ma quale dei protagonisti di TWD ci ha rimesso la testa? Questa è la domanda alla quale i fan vogliono risposta ed è l'effetto che, a quanto pare, gli autori stessi hanno consapevolmente pianificato fin dall'inizio. Una reazione collettiva e virale ottenuta da una delle pratiche più consolidate, tradizionali e primitive della serialità: il cliffhanger. Un elemento fin dalle origini adottato più frequentemente dai Serial cinematografici e letterari americani che dai corrispettivi europei. Un escamotage narrativo volto in primis ad alimentare la fidelizzazione del pubblico e consolidare le esigenze economiche e di marketing della produzione.

Difficile da tradurre in italiano, il cliffhanger va inteso come una sospensione del racconto con l'eroe (o gli eroi) lasciato a penzoloni sull'orlo di un precipizio. Rispetto a quello francese, il Serial statunitense si è distinto fin da subito per non avere focalizzato il climax al centro del dramma, bensì ai margini del racconto, accelerando gli eventi proprio verso la fine e interrompendo l'episodio nel massimo momento di suspense o terrore. L'iperstimolazione voluta dal cliffhanger delle origini coincide ermeticamente con saghe cinematografiche e serie televisive odierne.

La facile previsione degli schemi di consumo ha condotto sempre più all'utilizzo e all'abuso di tale tecnica, arrivando spesso e malvolentieri a produrre l'effetto inverso. Oggi non tutti i fan sarebbero disposti a seguire una serie televisiva per decine di stagioni senza beneficiare di un barlume di finale. Riprendendo in mano Supernatural, se gli showrunner non avessero investito da subito sul rapporto tra lo show e il fandom forse più di uno spettatore avrebbe rinunciato a veder morire un uno dei protagonisti una stagione sì e l'altra pure.

Chiaramente, il cliffhanger ha assunto forme sempre meno letterali. Dall'eroe appeso al ciglio di un baratro siamo passati a protagonisti abbandonati in una pozzanghera di sangue nella neve, auto di scrittori che volano fuori strada il giorno del loro matrimonio, o l'identità segreta scoperta dal cognato. Tuttavia, dall'eroina in pericolo al protagonista morente la ricetta non cambia. 


In questo senso, The Walking Dead ha fatto qualcosa di televisivamente inedito. Il cliffhanger con cui il team di autori ha deciso di chiudere l'agoniato Last day on Earth non ha infatti svolto la funzione di semplice aggancio alla fidelizzazione dei fan, o mero strumento economico. Certo, nel pacchetto è incluso tutto quanto. Tuttavia, il cruento assassinio di uno dei protagonisti per mano di Negan doveva essere qualcosa che nemmeno la larga fetta di fan che avevano già avuto a che fare col fumetto si sarebbe dovuta aspettare, tenendo conto che anche il solo telespettatore televisivo difficilmente è riuscito a non imbattersi in qualche spoiler sul web.

Con una notevole lungimiranza, i fan hanno allora cominciato a scommettere su chi, a differenza del fumetto, sarebbe morto nella serie televisiva. Le teorie sono da subito incredibili. Qualche coraggioso (o sprovveduto) ha messo addirittura in dubbio la sopravvivenza di Rick Grimes, protagonista assoluto.
Giunti alla resa dei conti, dopo sedici episodi in cui Negan viene a mala pena nominato, ci troviamo faccia a faccia con questo energumeno (un po' meno energumeno rispetto al fumetto) armato di mazza spinata e di un sarcasmo che solo un cattivo dei fumetti può permettersi di avere ed essere preso comunque sul serio. A suon di Eeny, Meeny, miny, moe... Negan comincia a fare la conta sulle teste chine degli undici personaggi costretti in ginocchio ai suoi piedi. Rick, che finora ha assicurato al pubblico di poter affrontare ogni situazione a colpi di machete, è inerme di fronte alla minaccia dell'uomo che ha già deciso che qualcuno pagherà per i danni subiti dai suoi.

...catch a tiger by his toe... nel momento in cui assistiamo alla scena, molti di noi non sanno quanto lunga sia la filastrocca di Negan. Ci affidiamo al suo tono, ai movimenti di macchina, al ritmo del pathos venutosi a creare e agli sguardi delle vittime, per capire quando deciderà di calare la mazza su qualcuno e toglierci questo cerotto che sta cominciando a bruciare parecchio.

...if he hollers, let him go... lascia andare anche loro, lasciali andare tutti. Lettori del fumetto o pubblico inconsapevole che sia, non riusciamo a star comodi sul divano. Vorremo che il crescendo finisse, che Rick si alzasse ed estraesse dal nulla la sua pistola. Un colpo preciso, e tutto prenderebbe una piega inaspettata.

...my mother told me to pick the very best on... il montaggio si fa accelerato. I volti inquadrati corrispondono sempre meno alle strofe di Negan. Vogliono confonderci, disabilitarci ulteriormente. Vogliono farci soffrire, coinvolgerci più che possono nell'attesa e nella tensione che adesso si può tagliare con un coltello.

...and... you... are... it. Un'ultima minaccia a Rick se alzerà un solo dito mentre Negan ucciderà la persona scelta. Ma noi non vediamo chi è questa persona. Chi? Chi sta per essere brutalmente massacrato da Lucille e dalla barbaria di Negan? Ancora prima che uscisse lo sneak peeck ufficiale potevamo alludere a qualche congettura. Rick e Carl ne sarebbero usciti vivi. Per il resto non ci vengono date certezze.
Negan ci permette di respirare, di chiudere le palpebre, di piangere. Noi vogliamo solo sapere, conoscere l'identità della vittima. Chi? Chi è?



La vittima di Negan siamo noi. Questa è l'intelligente risposta che risulta dall'epilogo della sesta stagione di The Walking Dead. Con la scelta di una delle più tradizionali soggettive, gli autori di TWD hanno realizzato quello che forse è uno dei cliffhanger più grandi di tutti i tempi, almeno per quanto riguarda la televisione e la serialità televisiva. La costruzione delle emozioni e la precoce interruzione della scena ha da prima scatenato l'ira dei fan, i quali hanno poi avuto la possibilità di ragionare a mente fredda sulla grandezza di ciò a cui hanno assistito. La vittima di Negan siamo noi. Noi che abbiamo sfidato gli autori a uccidere Daryl, minacciando la fandom revolution, noi che abbiamo gridato allo spoiler quando abbiamo scoperto che con ogni probabilità sarebbe potuto morire Glenn, come nel fumetto.
La vittima di Negan siamo noi. Il cliffhanger con cui si è conclusa la sesta stagione ha abbattuto la quarta parete come i più classici dei direct adress teatrali e cinematografici. Tuttavia, l'insieme è stato costruito in maniera così studiata e allo stesso tempo inaspettata, dal renderlo un finale senza eguali.

La grandezza di un cliffhanger nella serialità televisiva conteporanea è inoltre correlato a tutto il lavoro post season fatto da autori e pubblico. Alle teorie dei fan si aggiungono i primi sneak peek (secondo cui la vittima designata potrebbe essere Maggie anziché il marito) che gettano luce su nuovi indizi e indiscrezioni. La caccia alla verità da parte dei fan è andata talmente oltre alle aspettative della AMC, al punto che la rete stessa ha dovuto scrivere di proprio pugno a uno dei blog dedicati alla serie (The Spoiling Dead Fans) allo scopo di non insistere su presunte risposte riguardo alla vittima di Negan.

La cosa certa è che ciò che Last day on Earth ha realizzato e ciò che ha lasciato dopo i titoli di coda è un fenomeno quanto meno degno di nota. La partecipazione collettiva volta allo spoiling e al semplice coinvolgimento nell'attesa di una prossima stagione è abbastanza comune nelle serie televisive d'oggi (basti pensare al mistero sulla sopravvivenza o meno di Jon Snow tra la quinta e la sesta stagione di Game of Thrones). Tuttavia, quello a cui abbiamo assistito in The Walking Dead è qualcosa di incredibile, ammirevole e a tratti inquietante. Tutt'al più, per i miscredenti è un modo come un altro per ritrovare la voglia e la curiosità di seguire una serie che, alla sua sesta stagione e a detta degli autori stessi, potrebbe potenzialmente andare avanti per altri cinquant'anni.


Se non cinquant'anni, a noi bastano comunque due giorni. Due giorni per scoprire cosa The Walking Dead ha riservato per noi.






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Articolo di Fabio Scala

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