CINEMA - Recensione de LA FORMA DELL'ACQUA

La forma dell'acqua è riuscito a portarsi a casa molti premi della critica, oltre a essere stato nominato per molti altri, e se lo avete già visto, sapete che questi premi e queste candidature se li è meritati tutti. Siamo all'inizio degli anni '60 negli Stati Uniti della corsa allo spazio, ed è qui che Guillermo del Toro costruisce una fiaba, una fiaba però che risalta nel suo essere estremamente terrena e a tratti cruda, il che la rende ancor più emozionante.
Come sempre, occhio agli inevitabili SPOILER che seguono (oltre ad alcuni riferimenti sessuali).

La forma dell'acqua, abbiamo detto, è una fiaba. È una storia che riesce a fondere in maniera forse non perfetta, ma sicuramente elegante, gli elementi soprannaturali di una storia di fantascienza con la durezza della realtà, in un andirivieni, in una saliscendi di sussulti che colpiscono dall'inizio alla fine lo spettatore, che così finisce per perdersi nei risvolti della trama e nei volti silenziosi dei personaggi principali. Dalla vita grama e banale della protagonista muta, Elisa (interpretata da Sally Hawkins), al laboratorio in cui arriva la “creatura”, un essere anfibio di probabile origine aliena, e da qui a una semplice e pura storia che combina amicizia e amore, fino a un finale sospeso, che appaga la voglia di happy ending, ma che forse è solo una costruzione dello spettatore stesso, che ha paura di conoscere la verità e d'ipotizzare un finale ben differente e molto meno “happy”.
Con questa trama orchestrata in maniera precisa, la sceneggiatura imbastita dal solito Guillermo del Toro è ugualmente ben costruita, scorrendo liscia e senza alcun intoppo. Tuttavia, è nella sceneggiatura che troviamo uno dei pochi difetti della pellicola: la storia d'amore fra i protagonisti è palese e ovvia per chiunque abbia visto almeno un trailer o anche soltanto la locandina del film, però forse sarebbe stato preferibile aggiungere alcune scene, anche semplici carrellate di brevi sequenze (come peraltro ci sono), per mostrare il congiungersi di queste due anime solitarie, fino allo sbocciare della passione. Nonostante questo, il film ne risente ben poco, risolvendosi in maniera esemplare in qualunque altra situazione descritta nella sceneggiatura.
Sempre a proposito della sceneggiatura, è stata molto apprezzata dal sottoscritto la scelta d'inserire nella storia scene sanguinolente, che solo per poco non sfociano nel gore, e accanto a queste le scene altrettanto spinte in cui il sesso viene mostrato per quel che può essere a seconda dei casi, che sia passione, che sia rassegnazione, che sia violenza o che sia amore. Per qualcuno potrebbero risultare avulse, eccessivamente estranee al contesto “carino” e romantico che si respira nel resto de La forma dell'acqua, ma forse è in questa loro estraneità che risiede la loro potenza, in pieno stile “del Toro”.
Il medesimo stile, la medesima esagerazione la si trova nella regia (del Toro ha pur sempre diretto Il labirinto del fauno e gli Hellboy interpretati da Ron Perlman), quando si ritrova a mostrare appunto il sangue, le dita mozzate e le sparatorie, e il sesso, la masturbazione e l'imbarazzo; attorno al sangue e al sesso, la regia si mantiene di alto livello, ineccepibile con un che di magico, d'intrigante, col suo culmine nella rappresentazione dei pensieri della protagonista come se fossero un vecchio show musicale.
Parlando di questa particolare scena, potremmo proprio soffermarci sulle musiche del film, importantissime nel raccontare appunto ciò che prova la protagonista muta e il suo compagno altrettanto silenzioso, fra una colonna sonora incalzante e le musiche dei programmi televisivi degli anni '60, che raccontano un mondo familiare e ideale che non compare da nessuna parte all'interno del film, se non nel rapporto fra Elisa e la creatura e in poche altre situazioni; e tali musiche hanno appunto il risultato definitivo nella scena appena descritta, in cui l'afonia, la mancanza di parole, di Elisa diviene il pretesto per darle finalmente una voce potente, fatta d'immagini in bianco e nero e una canzone altrettanto classica.
Parlando della protagonista, non possiamo che elogiarne la costruzione e la parabola di crescita, fino all'assorbimento totale all'interno dell'amore, così come dobbiamo elogiare la performance di Sally Hawkins.
Accanto a Elisa, altrettanto perfetto nel suo mutismo è la creatura, l'anfibio di presunta origine aliena, più o meno chiaramente ispirato al mostro della laguna nera. L'essere è interpretato da Doug Jones, maestro nel portare sul grande schermo personaggi con un che di mostruoso (Jones è l'attore feticcio di molte creazioni di Guillermo del Toro, per esempio il fauno e Abe Sapien nei già citati Il labirinto del fauno e Hellboy). Ad aiutare Jones troviamo, fra l'altro, un comparto tecnico di spessore fra inserti prostetici e computer grafica.
Oltre a Elisa e alla creatura, il resto dei personaggi e del cast è altrettanto di spessore, a partire dai personaggi secondari fino all'antagonista: pensiamo al vicino di casa e amico di Elisa, Richard Jenkins/Giles, artista di mezza età prossimo al fallimento, e ancora alla collega di lavoro della protagonista, la Zelda interpretata da Octavia Spencer, anima comica (e non solo) del film; troviamo poi il dottor Hoffstetler/Dimitri, invischiato suo malgrado in affari internazionali, anche in questo caso interpretato da un bravissimo attore, Michael Stuhlbarg.
Un discorso a parte merita il “cattivo” del film, il colonnello Richard Strickland di Michael Shannon. Infatti Strickland soffre un po' lo stile “esagerato” di Guillermo del Toro, divenendo di fatto un personaggio altrettanto “esagerato” e abbastanza monolitico, senza alcuna sfaccettatura ma divenendo di fatto unicamente il contenitore per tutto ciò che di negativo possa esistere. Nonostante questo, il personaggio viene comunque salvato: al suo interno, nella sua totale cattiveria, Strickland è infatti in grado di decadere ancora di più in una spirale di malvagità e autodistruzione; accanto a questa parabola di meschinità portata all'estremo, abbiamo la perfezione dell'interpretazione di Michael Shannon.
Per cui, con un cast perfetto e personaggi ben disegnati, una regia e una sceneggiatura delicate, e musiche altrettanto belle, non possiamo che dire che La forma dell'acqua è un bel film: forse non per tutti sarà commovente, ma sicuramente ci troviamo davanti a una pellicola emozionante e viva, con alcune esagerazioni sulle quali però possiamo soprassedere, se pensiamo al Guillermo del Toro che ha ideato tutto questo.







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Articolo di Simone Barbieri

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