ANNE WITH AN E - Una serie di formazione


Non ci abitueremo mai a come iniziano e finiscano così in fretta la stagioni delle serie Netflix. Così è stato per il secondo arco narrativo di Anne with an E, diffuso in un sol colpo sulla piattaforma streaming il 6 luglio e già un ricordo. Un bel ricordo.

Perché in Anne with an E siamo da subito accolti in un universo narrativo caloroso e familiare, dai colori autunnali della canadese Prince Edward Island, accompagnati per mano nel paesino di Avonlea, o tra i rassicuranti confini di Green Gables, il terreno di proprietà dei fratelli Marilla e Matthew Chutbert, e affascinati dalle numerose avventure che vedono protagonista la giovane ed esuberante Anne.

Anne with an E si presenta anzitutto come l’adattamento televisivo della serie di romanzi di Lucy Maud Montgomery di inizio Novecento, resi celebri a molte generazioni anche da trasposizioni televisive e in particolar modo dall’anime di Isao Takahata del 1979 Akage no Anne.

In un’epoca in cui lo spettatore medio si trova travolto su sua richiesta da una pioggia di contenuti narrativi, letterari, cinematografici o seriali che siano, dagli happy ending tutt’altro che scontati, sempre più disincantati, tragicamente verosimili e quindi dalla facile immedesimazione con la vita di tutti i giorni, la serie Netflix opera una scelta alternativa che affida a un prodotto come Anne with a E l’ardua responsabilità di formare chi guarda attraverso l’insegnamento positivo proprio dei romanzi dell’infanzia e di formazione.



Non è un caso che l’opera letteraria della scrittrice canadese, la quale nacque e morì sull’isola in cui sono ambientate le sue storie, rientrasse a pieno nella defiinizione di quest’ultimo genere. Ogni libro della serie di Anne of Green Gables descriveva infatti un’età della protagonista, le rispettive gioie e le difficoltà, mostrando le conseguenze di determinati errori e il modo più maturo e sincero per sistemare le cose. Una funzione pedagogica certo incasellata e appartenente all’epoca in cui l’opera veniva prodotta.

Possiamo dunque vedere Anne with an E come un curioso caso di serie di formazione a partire dal mantenimento della logica seriale dei testi di partenza, dell’accompagnamento dello spettatore attraverso le età di Anne e la rappresentazione, spesso in maniera anche crudele, delle avversità cui la ragazzina è andata incontro nel suo background attraverso l’utilizzo di rapidi e cupi flashback, decisamente in contrasto con l’atmosfera dorata del presente di Avonlea.

In Anne with an E tutto finisce sempre bene. Un epilogo, dicevamo, cui noi spettatori contemporanei non siamo più abituati. Sul finale si perdonano le bugie, i segreti e addirittura atti più brutali, come la distruzione da parte del bullo Billy Andrews dell’incantato Story Club custodito e abitato dai sogni e le fantasie di Anne, Diana, Ruby e Cole. A differenza del romanzo, la serie non manca di toccare poi temi attuali e delicati, se si pensa al tempo e al luogo in cui vengono calati, come l’omosessualità e l’intolleranza razziale, in altre parole il rispetto per i diritti umani. Anche a tal proposito, dopo una serie di insidie, tragedie sfiorate e incomprensioni, si raggiunge bene o male un delicato happy ending in cui tutti, in un modo o nell’altro, riescono ad accettarsi, o ad accettare di non aver capito e di non poter mai capire a causa della formazione avuta.


Una costellazione di personaggi, quella della serie, la cui caratterizzazione non è mai lasciata al caso e che adorna alla perfezione un mondo fatato che vuole insegnarci tanto nel modo più semplice possibile, attraverso forme di perdono o di comprensione da parte prima di una parte, poi dell’altra. Anne with an E è una serie di formazione per tutte le età, per chi ha ancora tanto da imparare e per coloro che non vogliono smettere mai.


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Articolo di Fabio Scala

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