Un
pubblico diviso e una serie inarrestabile. Better Call Saul
è arrivata al suo sesto episodio di quarta stagione. Noi di Lost
In A FlashForward ne
stiamo seguendo le dinamiche,i pareri della rete … e abbiamo preso
posizione.
Better
Call Saul
ha superato lo scoglio dato dalla sua natura di spin-off
a cavallo tra la prima e la seconda stagione. Tra la seconda stagione
e la terza si è confermata un legal
drama
di tutto rispetto e considerabile in qualche modo come un prodotto
a se stante, svincolato almeno in parte dalla serie madre Breaking
Bad.
Se il grande pubblico della serie questo lo ha apprezzato e recepito
da tempo, esiste ancora qualcuno che non riesce a non fare il
paragone e grida allo stallo narrativo, alla lentezza e al temporeggiamento, elogiando
unicamente gli aspetti tecnici che riconducono, ancora una volta, lo
spin-off
alla serie di partenza ("[...] una fotografia impeccabile [...]", "[...] scritto benissimo [...]").
Questo
è normale. Ogni grande serie, arrivata a un certo punto, divide il
pubblico. Lo sa Game
of Thrones,
lo ricordano coloro che approdano ora alla visione di serie come Lost
o lo stesso Breaking
Bad,
e dopo appena due episodi domandano sui rispettivi forum se valga la
pena o meno continuare a guardare. Complice inoltre la velocità e la
frenesia cui la vita dello spettatore in età contemporanea è costretto. Devi attraversare in fretta per
non essere investito, navigare per restare al passo e, per forza di
cose, passare a una nuova serie, magari quella del momento, senza
prenderti il tempo di gustarti quello che stavi guardando.
Lo
ribadiamo, è del tutto normale. Siamo divoratori di serie, cresciuti
nella e dalla serialità televisiva contemporanea e tramutati in
consumatori dal palato sopraffino seppure a volte confuso (mi sembra di sentire mia madre, "guarda che è buono, sarà la tua bocca!"). Non ci accontentiamo più di
guardarci indietro, o di fermarci un secondo in più per capire la
trasformazione che tale personaggio, che in questo caso chiameremo
Jimmy, sta compiendo o meno in quella chiassosa
scena di silenzio. O se Kim, in quelle scene d’aula apparentemente
inutili, stia in realtà considerando scelte importanti che influenzeranno le sorti di entrambi i personaggi.
Il
pubblico è diviso, lo abbiamo detto, tra chi in
questa quarta stagione
di Better Call
Saul
vede
un palpabile declino è
chi la difende a spada tratta. In altre parole, questa stagione è
come una pignatta. C’è chi la coglie, acciuffando tutti i dolciumi
che ne fuoriescono, e chi decide di colpire a vuoto perché è troppo
cresciuto per fare questi giochi.
È
difficile, secondo il nostro parere e per quel che esso può valere,
non ritenere questa quarta stagione di Better
Call Saul
tra
le più avvincenti. L’accusa di staticità della narrazione cade di
fronte agli innumerevoli svolgimenti accaduti in soli sei episodi.
Ricordiamo di non avere visto Chuck McGill bruciare lentamente. Lo
hanno fatto fuori tra una stagione e l’altra, senza fronzoli e
preamboli e soprattutto lontano dagli occhi dello spettatore, che in
fondo non poteva aspettarsi con certezza quello che sarebbe successo. Così la veloce rovina del personaggio di Howard, divorato dai sensi di colpa a partire dal primo episodio.
L’ascesa di Gus Fring avviene poi con altrettanta celerità,
sotto ai nostri occhi e al tempo stesso senza che ce ne accorgiamo,
esattamente come per la gente di Albuquerque. Il crimine opera nel
sottosuolo, tra le mura di cemento armato del suo futuro laboratorio
costruito da una squadra di ingegneri tedeschi sotto la supervisione
di Mike. Una situazione che ricorda le origini del progetto Dharma in
Lost
con tanto di casette prefabbricate.
Vale infine lo stesso per Jimmy McGill, il protagonista della serie, la cui
trasformazione, impercettibile a vista d’occhio, non è mai stata tanto attiva quanto in questa quarta stagione. L’improvvisa perdita
del fratello lo ha privato, bene o male, di un punto di riferimentoe il confine tra l’avvocato e il ragazzino di
strada si è fatto incredibilmente più labile. Soltanto noi, rara
specie di spettatori onniscenti, sappiamo che troverà il modo di
ritagliarsi un’esistenza (e un personaggio) al confine tre i due
mondi.
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